L’Archivio Flamigni e il fondo su Emilia Lotti
Nell’Archivio Flamigni, a Garbatella dal 2021, conserviamo il fondo documentale e librario di Emilia Lotti, che è stata la compagna, poi moglie, per una vita di Sergio Flamigni, che è la persona che ha dato vita a questo archivio. Flamigni è stato partigiano, dirigente del PCI, poi deputato e senatore. Ha dedicato tutta la sua vita di studio e di impegno politico anche al di là della pensione, concentrandosi sui temi del terrorismo, dello stragismo e soprattutto al caso Moro.
Emilia Lotti, invece, che è nata a Forlì nel 1930, si è iscritta da giovanissima all’ARI- Associazione Ragazze d’Italia e poi, subito dopo all’UDI (Unione Donne Italiane). Ha lavorato per una vita all’UDI, prima a livello locale, provinciale, e poi è stata chiamata a livello nazionale e, in quanto membro dell’UDI, ha fatto parte anche di due commissioni per la parità di genere.
Oltre a questa parte di vita più istituzionale, in realtà è stata una donna che ha dedicato tutta la sua esistenza al combattere le disuguaglianze, soprattutto le disuguaglianze di genere, quindi uomo/donna, schierandosi sempre dalla parte dei più deboli. È stata per lunghi periodi assessore provinciale negli anni Settanta, quelli della riforma dello stato sociale, della nascita delle aziende sanitarie locali, ha lavorato per la chiusura degli OPG (Ospedali pediatrici giudiziari). Si è occupata molto di infanzia, di handicap, quindi di tutte le persone che erano svantaggiate, per cercare di colmare questo gap.
Qui abbiamo il suo fondo documentale, dalla prima tessera dell’UDI del ’45 fino alle cose di cui si è occupata quando era già grande, quindi nei primi anni 2000. Anche lei è stata nel PCI, quindi abbiamo tutta quella parte di documentazione relativa alla sua attività politica, tutto il suo lavoro in provincia, e successivamente, quello nell’UDI. Nell’UDI c’è stata una vita, fino all’ultimo, anche quando non aveva più gli incarichi di vertice ha continuato ad essere parte dell’associazione e diciamo l’esperienza nell’UDI è quella che ha più caratterizzato la sua vita personale e politica. Diceva sempre che era un mondo di donne che amavano la politica, e quindi lei era proprio nel suo ambiente, le ragazze…
È morta l’anno scorso, nel luglio del 2021, aveva 91 anni.
Sia lei che il marito erano di Forlì, anzi lei era nata a Predappio, ma ha vissuto per una vita a Forlì, poi ha seguito Sergio a Roma e quando Sergio Flamigni ha concluso la sua attività in parlamento si sono spostati a Oriolo Romano in provincia di Viterbo e sono stati lì, Sergio è ancora lì. Pur non avendo nessun legame con Oriolo, è un paese che hanno scelto un po’ così, perché volevano un posto tranquillo, la campagna, gli animali, un po’ un ritorno a quella che era stata la loro infanzia, non venivano da famiglie ricche, abbienti…
L’Archivio è stato per una vita a Oriolo Romano, per tanti anni, da quando è nata l’associazione nel 2005. Sergio a un certo punto decise di sistematizzare tutta la documentazione che aveva raccolto negli anni, perché lui per anni e anni, dagli anni Settanta a praticamente l’altro ieri ha lavorato su questi temi, ha scritto anche tanti libri, e a un certo punto, nei primi anni Duemila, ha voluto proprio sistematizzare questo patrimonio documentale e librario e da lì è nata l’associazione che ha lo scopo di conservare… All’inizio mise a disposizione, insieme a Emilia, un suo immobile a Oriolo in comodato d’uso all’associazione e noi per tanto tempo, fino al 2020, lavoravamo lì. Poi grazie a un accordo con la Regione Lazio l’Archivio Flamigni – vero e proprio centro di documentazione - si è trasferito in questi locali in piazza Bertolomeo Romano 6, a Garbatella.
[Intervista all’archivista Giulia Corradi, 19 dicembre 2022]
Carla di Veroli, la donna che non accettava compromessi
Nipote di Settimia Spizzichino (l’unica donna sopravvissuta al rastrellamento del ghetto di Roma), ex assessora alle Pari opportunità del Municipio VIII ed ex delegata alla Memoria, Carla Di Veroli è morta nel 2022. In occasione del premio PER IL DIALOGO INTERCULTURALE CARLA DI VEROLI ecco come la ricordano i molti che l’anno conosciuta:
Amedeo: Abbiamo piantato nel nome di Carla una mimosa nel giardino della biblioteca di via Benedetto Croce. È stata una figura importante per questa comunità, estremamente netta nelle relazioni da scegliere e coltivare. Le dobbiamo riconoscenza per il suo coraggio, per essere stata portavoce di tanti semi che negli anni sono cresciuti in questo Municipio. Un Municipio orgoglioso di essere delle donne e per le donne. La ludoteca che aprirà nei prossimi mesi a via Matteucci porterà il suo nome. Il Municipio vorrebbe anche fare un Fondo raccogliendo foto, memoriali, articoli… un patrimonio comune di storie e ricordi dedicato a lei, scomparsa improvvisamente e prematuramente.
Massimiliano: Ero in giunta con lei quando era Presidente, nel 2001/2006. Il Sindaco era Veltroni. Abbiamo fatto cose straordinarie sulla Memoria e sull’antifascismo. Anche sulla questione palestinese, pur mantenendo ognuno le proprie idee, abbiamo fatto una esperienza in un kibbutz in Israele con ragazzi di varie religioni. Negli ultimi anni la frammentazione delle forme della politica (partiti, associazioni ecc.) ha contribuito a una sua progressiva crescita di durezza e di allontanamento. È stata anche vittima della violenza inaudita dei frequentatori via web di un forum neonazista. Una violenza che l’ha segnata nel profondo. Era una grande compagna di squadra.
Enzo: Di Carla mi ricorderò sempre quando in Giunta disse: “Ahò, non vi crederete mica che io farò tutto quello che deciderete voi!”. Oggi l’assenza di simboli che, come lei, possano essere d’esempio è un problema per l’avvicinamento dei giovani alla politica.
Flavio: Carla ci ha dato strumenti in più per affrontare la complessità. Non accettava compromessi ed è anche grazie a lei, che ha combattuto per i diritti civili, che la politica è un po’ meno sessista. Per la Giornata della Memoria del 2012 si occupò della mostra sull’Olocausto e lo sterminio degli omosessuali. Era felice di aver fatto qualcosa di utile.
Mirella: Con Carla abbiamo fatto molto per i bambini della Garbatella…
Finzi, della Comunità Ebraica: Credo di essere tra i pochissimi a non aver mai litigato con Carla! Sono entrato nella famiglia Di Veroli come medico quando lei era ancora una bambina. È sempre scappata dalla retorica. Intransigente morale è il termine più preciso per definirla. Era profondamente legata al mondo ebraico ma questo mondo lo declinava in senso sociale. L’ebraismo vuole costruire una società secondo giustizia: questa è la chiave sociale che lei interpretava da sinistra, visto che quella era la sua appartenenza. Sosteneva che multiculturalismo e dialogo interculturale sono concetti molto diversi tra loro. Il multiculturalismo rischia di trasformarsi in una serie di ghetti mentre il dialogo interculturale significa fare insieme le stesse cose declinandole in maniera diversa, così come nell’esperienza che abbiamo fatto nel kibbutz alla frontiera tra Israele, Siria e Libano dove le donne di diverse culture e religioni impastavano insieme il pane, gesto di alto valore simbolico. Il dialogo interculturale è l’arricchimento che dà l’unità nella diversità.
Claudio: Carla era una persona che credeva fortemente nelle cose che faceva e non transigeva. Ma ascoltava e magari il giorno dopo cambiava qualcosa e piano piano, piano piano prendeva un percorso diverso. L’ultimo periodo della sua vita è stata esclusa, emarginata e lasciata troppo sola. Ricordo il suo saluto: “Bello mio!” Era coerente e non accettava compromessi. Lei, romana de’ Roma, si sentiva della Garbatella. Ci teneva a dire: “io sono della Garbatella!”
Miriam Spizzichino: Zia Carla si batteva per tutte le minoranze. Combatteva contro il fascismo e l’antisemitismo strisciante. Nel 2015 si batté perché la lapide posta sul ponte della Garbatella a ricordo di Settimia Spizzichino, che la ricordava “Vittima della persecuzione nazista” fosse sostituita con un’altra dalla dicitura: “Vittima della persecuzione nazifascista”. Era la mia mentore, femminista incallita e antifascista fino al midollo!
[Testimonianze raccolte in occasione del Premio per il dialogo interculturale Carla di Veroli, Moby Dick, 22 dicembre 2022]
La militanza di Giorgia Meloni alla Guendalina
Via Guendalina Borghese 8. Due serrande chiuse, manifesti scrostati sulle pareti esterne sono le uniche testimonianze della Sezione di Garbatella del Movimento Sociale Italiano – familiarmente “La Guendalina”, frequentata da Giorgia Meloni fin dai suoi quindici anni.
Nella sua autobiografia, l’attuale premier racconta: “A quindici anni e mezzo non pensavo che bussando al portone blindato della sezione del Fronte della Gioventù alla Garbatella avrei trovato la mia seconda famiglia decisamente più numerosa di quella di origine. (…) La sezione si trovava, quando si dice il destino, esattamente dietro l'angolo di casa mia, ma io non c'ero quasi mai passata in quella via e l'avevo dovuta cercare sul TuttoCittà, dopo aver telefonato alla sede centrale del Movimento Sociale Italiano per sapere dove fosse la sezione più vicina a casa. Via Guendalina Borghese numero 8: ecco l'indirizzo dove tutto è iniziato. E, ancora più dell'indirizzo, conta la data che fu il motivo scatenante di quella decisione: 19 luglio 1992, il giorno dell'attentato a Paolo Borsellino”. [Io sono Giorgia: le mie radici, le mie idee, Milano: Rizzoli, 2021].
Dall’età di tre anni fino all’adolescenza, Giorgia Meloni si trasferì con la madre e la sorella nel quartiere popolare della Garbatella.
Marcella De Francesco, gappista e giornalista
Marcella De Francesco, classe 1920, iscritta al PCI dal 1942, gappista, nel dopoguerra fu segretaria di Palmiro Togliatti e caporedattrice di Rinascita. Assieme al marito Maurizio Ferrara (giornalista e senatore del PCI per tre legislature), pubblica alcuni saggi tra cui Conversando con Togliatti (Roma, Edizioni di cultura sociale, 1953) e Cronache di vita italiana: 1944-1958 (Roma, Editori Riuniti, 1960). Pubblica inoltre nel 1977 'inchiesta su Le donne di Seveso (Roma, Editori Riuniti, 1977). Si è spenta nel 2002.
Nel 2007, alla presenza del sindaco Veltroni, alle spalle di piazza Brin, è stato intitolato ai coniugi Ferrara un piccolo parco alla Garbatella.
Maria Teresa Regard, giornalista comunista
Partigiana, giornalista, scrittrice, è l’unica donna ricordata nella targa in memoria dei Partigiani e dei Patrioti Comunisti della Garbatella affissa all’esterno della Villetta, storica sede del PCI e punto di riferimento della sinistra nel quartiere. Nel 1943 entrò a far parte dei Gruppi di azione patriottica (GAP) con il nome di battaglia "Piera". Partecipò all'azione contro il comando tedesco all'hotel Flora in via Veneto e al punto di ristoro dei soldati tedeschi alla stazione Termini. Imprigionata e interrogata a via Tasso venne rilasciata per mancanza di prove.
Dopo l’eccidio delle Fosse Ardeatine entrò in clandestinità rifugiandosi in un appartamento insieme a Franco Calamandrei che sposò dopo la liberazione.
Negli anni successivi fu corrispondente per il "Nuovo Corriere a Londra". Per "Vie Nuove" e "Noi Donne" seguì la guerra franco-vietnamita e lavorò come giornalista in Tibet e Cina.
Per il suo contributo alla causa della Resistenza è stata decorata con la medaglia d'argento al valor militare.