1 - Brano tratto da "La Storia" di Elsa Morante (Voce: Vanna Locatelli)
Allora, in totale comparanza e fiducia, a voce bassa il nominato Scimò lo informò di essere evaso dal Riformatorio, dove i suoi parenti, e in particolare suo fratello, volevano tenerlo rinchiuso. Ma lui rinchiuso lì dentro non ci voleva stare.
Durante una passeggiata al Gianicolo con la sua squadra al completo, se l'era svignata insieme ad altri due. L'impresa era stata da lui progettata con costoro in ogni particolare. Anzitutto, avevano approfittato che in quei giorni l'istitutore di turno, Signor Patazzi, soffriva di un disturbo viscerale che lo forzava ogni tanto a ritirarsi, lasciando momentaneamente la sorveglianza al caposquadra. Con accorgimenti adatti erano riusciti a distrarre l'attenzione di costui, scomparendo.
Brano tratto da La Storia di Elsa Morante.
2 - Brano tratto da "Menzogna e sortilegio" di Elsa Morante (Voce: Vanna Locatelli)
Al tempo della mia infanzia, [il quartiere] era ancora in via di formazione; molti dei suoi grossi caseggiati serbavano ancora odore d’intonaco, e nelle strade, abbastanza larghe, s’incontravano cumuli di mattoni, e pozzi di calce. Poco fuori dal portone di casa si trovavano i prati, dove giocavano con gran chiasso i figli dei minatori, dei ferrovieri, e insomma della gente del popolo; mentre che ai figli degli impiegati, gente povera ma pretenziosa, non era lecito di stare così per le strade.
Sebbene nuova, tuttavia questa zona della città, nella sua modernità promiscua, misera e indiscreta, è forse di tutte la piú squallida.
Là io nacqui e trascorsi l’infanzia, in un piccolo appartamento al terzo piano,
insieme a mio padre mia madre e mia nonna.
Brano testo tratto da Menzogna e sortilegio di Elsa Morante.
3 - Brano tratto da "Menzogna e sortilegio" di Elsa Morante (Voce: Vanna Locatelli)
Eccoci dunque, infine, alla mia casa natale: di cui forme, aria, figure, sono fissi e presenti in me come fossero i lineamenti d’una maschera sospesa qui, alla parete di fronte ai miei occhi.
Oltre all’ingresso e al salottino di cui s’è detto, la casa si componeva di ancora due stanze: e cioè la camera matrimoniale, e la cameretta di mia nonna. Che era piuttosto un bugigattolo, e, al pari della cucina, si affacciava sul cortile.
Tutte le finestre che davano sul cortile avevano stuoini verdognoli invece che persiane di color bruno come quelle sulla strada.
Il cortile, che ambiva a parvenze di giardino, era pavimentato con sassolini e ciottoli, ma unica sua flora era, nel centro, un alto e scolorato palmizio, triste quanto un albero morto.
Dal cortile, si usciva sulla strada attraverso un passaggio a volta ripercorso avanti e indietro, quasi di continuo, dal portinaio in giubba grigia che vi aveva il suo sgabuzzino.
La via, regolare, abbastanza larga, fra due file di palazzi in tutto simili al nostro, sboccava in un prato non lungi dal quale, più tardi, passarono le rotaie del tram; e dove nell’estate sorgeva una giostra, circondata da qualche dipinta bancarella di tiro a segno, dal burattinaio, dal cocomeraio col suo carretto; oppure vi sostava un carrozzone di zingari, che vi impiantava un teatrino d’opere e commedie.
La camera matrimoniale e l’attiguo salotto, non davano, però, sulla via che ho descritta; ma, trovandosi sul lato opposto del palazzo, si affacciavano su un terreno aperto, e quasi ancora campestre. Sul fondo di questo terreno disordinato, sterile, diviso da recinti di ferro spinato, si levava una brulla montagna tutta sparsa di cocci e di vetri. La quale, diceva la leggenda, altro non era che il cumulo gigantesco, antichissimo, dei rifiuti e rottami che per secoli gli abitanti della città avevano continuato a gettare in quel luogo.
Dietro la montagna, si vedevano salire dei fumi, per esservi dall’altra parte una fabbrica di vetri. Sulla sinistra, poi, della montagna, in piano, si vedeva una chiesa bassa e lunga, provvista d’un alto campanile: era una costruzione moderna, color mattone, con finestre e triplice ogiva, e la facciata adorna di musaici.
Brano tratto da Menzogna e sortilegio di Elsa Morante.
4 - Testo tratto da Maledetta, benedetta di Marcello Morante (Voce: Giorgio Russomanno)
C’era una strada di oltre due chilometri che dovevamo fare a piedi due volte al giorno, dal momento in cui frequentammo le scuole medie, anche Aldo ed Elsa.
Era la strada che dal nostro villino portava alla stazione di Trastevere.
Solo nel piazzale di quella stazione trovavamo il tram che ci portava alle nostre scuole. Monteverde nuovo era privo di mezzi pubblici nei primi anni del nostro soggiorno. E poiché la strada per arrivare a Trastevere era spesso fangosa, e comunque sconnessa e polverosa, gli abitanti della zona, studenti compresi, avevano adottato il rimedio di portarsi un paio di scarpe di ricambio.
Al piazzale della stazione trovavamo una baracchina in legno dove lasciavamo in deposito le scarpe infangate o impolverate per riprenderle al ritorno. Un ometto si assumeva il servizio e la custodia per pochi centesimi, dei quali, credo, viveva.
Testo tratto da Maledetta, benedetta di Marcello Morante.
5 - Lettera di Elsa Morante a Luisa Fantini, settembre 1934 (Voce: Giuliana Zagra)
Purtroppo anch’io, malgrado tutti i santini del mondo, sono costretta a pensare al dopo. Figurati che ora sono proprio sola sola, non vado mai, più, a casa mia, e questo vuol dire che devo pensare alla colazione, al pranzo, tutto da me.
E tu sai che io mangio tanto. Sto cercando anche delle lezioni, ma per ora non se ne vedono. E così scrivo. Ma per ora cose belle non credo…
Io ora sto in una casa che mi piace molto, e in cui mi piaceva di stare. Ma, per disgrazia, quando io ci sono entrata, era già affittata per il 1° ottobre, e così fra poco dovrò andar via.
Cara Luisella, io mi trovo nel momento che attraversano ora i popoli e i continenti. Mi trovo in crisi. Non è tanto terribile perché, quando si è così o si muore o si cambia. Io spero di cambiare. Forse anch’io me ne andrò perché mi sono stancata di star qui. Qui tutti hanno sonno, dicono di aspettare e non concludono niente.
Lettera di Elsa Morante a Luisa Fantini, settembre 1934.
6 - Lettera di Elsa Morante a Giorgio Vigolo, 9 agosto 1938 (Voce: Giuliana Zagra)
Questo paese è più bello di Capri, pieno di leggende, di pianure, di bellissime fanciulle quasi bambine, di cani affettuosi che sanno piangere e ridere come noi. Tutto questo fa compagnia. In questo paese le cose più semplici sembrano miracolo, il nostro respiro stesso diventa un miracolo di cui si gode.
Nei giorni di tempesta l’isola vola, succede di svegliarsi in un mattino di bufera con la sensazione di essere trascinati via, e intorno alla finestra gli alberi, il vento e l’acqua si mischiano con una furia meravigliosa.
Dopo queste piogge, tutto fiorisce nei giardini, c’è un profumo così forte che davvero ubriaca, e ogni volta nascono dalla pioggia nuove Primavere, inaspettate, perché si crederebbe di trovare tutto stroncato, distrutto e invece tutto aspetta questa tempesta per svegliarsi.
Anche la Villa Ceselle le piacerebbe, e più che mai il proprietario, un vecchietto con due baffoni bianchi, tanto che si dice di lui che è un angelo che invece di avere le ali sul dorso le ha sulle labbra. un vecchietto che scava tutta l’isola per riportarne conchiglie fossili, vasi dipinti degli antichi imperatori ecc. E tutti lo derubano.
Sa moltissime storie che la divertirebbero molto ed ha un grazioso risolino.
Ma continuando così le scriverò il I volume dell’Opera intitolata: Un paese in cui si deve andare.
Brani tratti da una lettera di Elsa Morante a Giorgio Vigolo, 9 agosto 1938.
7 - Lettera di Alberto Moravia ad Elsa Morante, autunno 1961 (Voce: Giorgio Russomanno)
Va bene, viviamo separati, non vediamoci più se vuoi. Io, nella misura del possibile farò tutto quello che posso per […] accontentarti in tutti i sensi. Ma te ne scongiuro in nome di Dio non fare delle cose precipitose. Se vuoi realizzare come si dice del denaro, comincia col vendere via Archimede. Essa ti frutterà alcuni milioni coi quali se ti pare potrai fare l’esperimento di andar via e di vivere per conto tuo per un tempo assai lungo, almeno due anni. Non c’è alcun bisogno di vendere anche via del Babuino. Oggi ti sembra di non poterne più, di odiarla o di poterne fare a meno. Ma domani potrebbe farti comodo, potresti anche tornare a Roma o servirtene in altro modo.
Lettera di Alberto Moravia ad Elsa Morante, autunno 1961.